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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1836
LI GGIUDIZZI
Pe’ ggiudicà da ommini, Ghitano,
E nun bévese tutto com’alocchi,
Le cose s’ha da védele coll’occhi
E ttoccalle a un bisoggno co’ le mano.
A ddà rretta a le sciarle de li ssciocchi
Cerchi er mare, e cch’edè?1 ttrovi un pantano;
E li scudi contati da lontano
Da viscino diventeno bbaiocchi.
Presempio2 l’avocato mi’ padrone
Sentirai dì cche scrive bbene; e cquello
Fa invesce rospi e zzampe de cappone.
A l’incontro er copista, poverello,
Nu ne parla ggnisuno, e in cuncrusione
Ha un ber caratterino stampatello.
21 novembre 1836
Note
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