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Er bon partito Li cardinali in cappella
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1846

LI MALINCONTRI.

     M’aricordo quann’ero piccinino
Che ttata1 me portava fòr de porta
A rriccòjje er grespigno,2 e cquarche vvorta
A rrinfrescacce co’ un bicchier de vino.

     Bbe’, un giorno pe’ la strada de la Storta,3
Dov’è cquelo sfassciume d’un casino,
Ce trovàssimo stesa llì vviscino
Tra un orticheto una regazza morta.

     Tata, ar vedella llì a ppanza per aria
Piena de sangue e cco’ ’no squarcio in gola,
Fesce un strillo e ppijjò ll’erba fumaria.4

     E io, sibbè ttant’anni so’ ppassati,
Nun ho ppotuto ppiù ssentì pparola
De ggirà ppe’ li loghi scampaggnati.5


15 aprile 1846

  1. [Babbo. Dal lat. tata.]
  2. [La “cicerbita,„ che ha le foglie crespe, grespe.]
  3. [Osteria, e allora anche posta, a circa quindici chilometri dalla Porta del Popolo.]
  4. [Scappò via, scomparve. E questo modo di dire, comunissimo, proviene da un ravvicinamento del fumo di fumaria, che è realmente un’erba medicinale, dai Toscani chiamata anche fumosterno, alle frasi andare in fumo, scomparire come il fumo, ecc.]
  5. [Cioè: “per l’aperta campagna.„]

Note

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