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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834
LO STUFAROLO APPUNTATO1
A tajjà in linci e squinci2 fra ccompaggni
Panze-nere3 par mii4 cosa sciabbusco?5
Viè6 la sera però ttra er lusch’e ’r brusco7
Mentre servo li nobbili a li bbaggni.
Sentirai llì che pparoloni maggni!
Llì tte n’accorgerai come m’infusco8
A sfoderà ssentenze e a pparlà ttrusco9
Quanno me pò ffruttà bbravi guadaggni!
Senti che rrispostina arimbrunita10
Appricai jjer a ssera a un Cardinale
Che ddimannò ssi11 ll’acqua era pulita.
“Questo, Minenza, è un barzimo illustrale,12
Che annetterebbe13 ir pelo in de la vita,14
Senza fà ttorto a llei, puro15 a un majale.„
14 giugno 1834
- ↑ Ben parlante o concettoso.
- ↑ Sfoggiare in quindi e quinci.
- ↑ Plebei, così detti dalle nere pancie sempre esposte al sole.
- ↑ Pari miei.
- ↑ Ci busco?
- ↑ Vieni.
- ↑ In sull’imbrunire.
- ↑ M’infiammo.
- ↑ Trusco, quasi etrusco, per crusco.
- ↑ Riforbita.
- ↑ Se.
- ↑ Balsamo lustrale.
- ↑ Netterebbe.
- ↑ Sul corpo.
- ↑ Pure.
Note
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