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Er ciurlo Er prete (1833)
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

NUN MORMORÀ.

     Ar Monno s’ha da dì bbene de tutti,
Lodalli,1 e rricoprinne2 li difetti:
E nnò a mmezze parole e a ddenti stretti,
4Ma a bbocc’uperta e pparoloni assciutti.3

     Cuanno se parla d’ommini frabbutti,4
Bbisoggna sostené cche sso’ angeletti,
Si un giorno, in paradiso, fra ll’eletti,
8Volémo aritrovà bboni costrutti.5

     E nnun fà ccome Cchecca6 la Ghironna,7
Che ttajja e ccusce,8 e ttirerebbe ggiune9
11De la virginità dde la Madonna:

     Mentre che ppoi laggiù a le Scinque-Lune10
(Nun zii pe’ mmormorà), la bbona-donna
14Se fa ffó..e dar popolo e ’r commune.

Roma, 14 gennaio 1833.

  1. Lodarli.
  2. Ricoprirne.
  3. Semplici, positivi.
  4. Ribaldi. [Farabutti.]
  5. Buoni effetti delle opere.
  6. Francesca.
  7. La Ghironda: soprannome.
  8. Mormora e maledice.
  9. Tirar giù: diffamare spietatamente.
  10. Cinque-Lune: contrada di Roma.

Note

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