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94 Chi l’ha detto? [335-340]

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335.   La pazienza è cosa dura, e conviene meglio alla groppa del somiero che all’anima dell’uomo.

(F. D. Guerrazzi, Assedio di Firenze, Introd.).

La fermezza era virtù romana per eccellenza; e come Orazio raccomanda di non turbarsi innanzi al pericolo,

336.   Aequam memento rebus in arduis
Servare mentem.[1]

così Virgilio consiglia di sfidare arditamente le male arti dei tristi:

337.   Tu ne cede malis, sed contra audentior ito.[2]

e di sopportare le presenti avversità confidando in un domani migliore:

338.   Durate, et vosmet rebus servate secundis.[3]

e di non lasciarsi smuovere dalle gravi e savie risoluzioni per le preghiere e le lagrime altrui:

339.   Mens immota manet, lachrimæ volvuntur inanes.[4]

Anche Ovidio, ricordando avversità peggiori, incoraggia a sopportare le presenti:

340.   Perfer et obdura: multo graviora tulisti.[5]

(Trist., lib. V, el. XI, v. 7).

  1. 336.   Ricordati di serbare nei gravi frangenti mente serena.
  2. 337.   Non cedere dinanzi ai malvagi, ma opponiti a loro arditamente.
  3. 338.   Perseverate, e serbatevi a migliore avvenire.
  4. 339.   Resta immutato nel suo pensiero, e lascia scorrere inutilmente le lacrime.
  5. 340.   Sopporta e persevera; cose molto più gravi sopportasti.
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