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52 O r i g i n e   d e l l e   A r t i

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Storia delle arti del disegno.djvu{{padleft:158|3|0]]giallastro, come l’hanno fra gli altri i Napolitani; il che scorgesi meno nei contadini, che negli abitatori della città, ove a cagione delle contrade anguste e delle alte case, l’aria è più soffocata e men pura. Tali sono a un di presso gli abitatori delle corte marittime nello Stato ecclesiastico, a Terracina, a Nettuno, ad Ostia ec. Dobbiamo però credere, che le paludi, le quali infettano l’aria in alcune contrade d’Italia, non dessero sì malefiche esalazioni nella Grecia[1]; poiché non se ne lagnarono mai, che sappiamo, quei d’Ambracia, città celebre e ben fabbricata, comechè tutta circondata fosse da paludi in guisa che una sola strada ad essa conduceva[2].

§. 12. Una prova sensibile della figura vantaggiosa de’ Greci, e di tutt’i popoli levantini d’oggidì l’abbiamo dall’osservare che non v’ha fra essi di que’ nasi fini, che fanno sì gran torto a un bel viso. Scaligero[3] ha notato che niun degli Ebrei (che sono certamente nazione orientale) ha il naso compresso; e in Portogallo principalmente hanno per la maggior parte un naso aquilino, che naso giudaico per tal motivo chiamar si suole. Notò pure il Vesalio[4], che le te-

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  1. È certo, che le paludi non sono egualmente nocevoli in ogni luogo; dipendendo ciò da molte cause, che vi concorrono. Può vedersi il lodato Lancisi De nox. palud. effluviis, libr. I. par. I. cap. V.
  2. Polib. lib. 1. pag. 326. B.
  3. In Scaligerian.
  4. De corp. hum. fabr. lib. 1., cap. 5. oper. Tom. I, pag. 16.
  5. Atene, detto la Torre de’ venti, fabbricato da Andronico Cirreste, menzionato da Marco Varrone De re rust. lib. 3. cap. 5. num. 17., Vitruvio loc. cit., e dopo lo Spon, Welero, Pottero, Montfaucon, le Roy, riportato in più tavole in rame dal signor Giacomo Stuart nel primo tomo delle sue antichità d’Atene; in quello mutilato di Gaeta; in quello trovato nella campagna di Roma fuori della porta Capena, illustrato da Paciaudi Monum. Pelop. Tom. I. §. VII. p. 215. segg., Foggini l.c. p. 175, e 408.; e in quello, che si è trovato nelle terme di Tito, acquistato dal signor abate Visconti per il museo Pio-Clementino, che ha i nomi dei dodici venti scritti nelle due lingue greca e latina. 11 libeccio è un vento piuttosto freddo, e principalmente tempestoso, come lo chiana anche Orazio Carm. l. 1. ode 1. v. 15, e ode 3. v. 12., e Virgilio Æneid. l. 1. v. 90.: lo scilocco produce gli effetti, che qui descrive Winkelmann; ma li produce in maggior grado l’austro, ossia il vento diretto di mezzo giorno (che comunemente non si distingue a Roma dallo scilocco); e perciò lo stesso Orazio Satyr. lib. 2. Satyr. 6. v. 18. lo chiama con parola espressiva plumbeus auster, austro pesante come il piombo, e Stazio Sylv, lib. 5. cap. 1. vers. 146. maligno; e più diffusamente da medico ne descrive i cattivi effetti Ippocrate De Aere, aquis, & loc. sect. iI. §. 5.: Austri auditum gravantes, caliginosi, caput gravantes, torpidi, dissolventes. Anche il libeccio qualche volta cagiona delle malattie, ma di altro genere. Vegg. Lancisi De nativ. romani coeli qualit. cap. iiI. e IV.
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