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Questa di man germana opra guerriera Io diveller mi vanto, io crollar posso
Questo testo fa parte della raccolta Giuseppe Battista

XV

APOLLO E DAFNE

     Poiché Dafne cangiò le braccia in rami,
in radici le piante, il crine in fronda,
lá ’ve tesse Peneo molli ricami
con l’argento purissimo dell’onda;
     per dar qualche ristoro alle sue fami
Apollo giunge in su l’erbosa sponda,
e di teneri amplessi in piú legami
la donna, fatta pianta, egli circonda.
     Indi, ch’altro non può, sol tanti ottiene
d’imprimer baci in su la scorza acerba,
quante il fiume vicino involve arene.
     Esclama abbandonato in grembo all’erba:
— Dafne la sua durezza ancor mantiene,
l’amarezza di prima ancor riserba! —

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