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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1831
PRIMO, BBATTESIMO
Sentenno1 a Roma chiacchierà un ciarlone,
E ddì oggnisempre cuarche ccosa ssciocca,
Semo soliti a ddì: cquesto opre bbocca
E jje dà fiato poi come ar pallone.
Ma sta bbocca e sto fiato è un paragone
Da mettelo2 a ddormì ssott’a la bbiocca,3
Ché a nnoi sce tocca a rrispettà, cce tocca,
Le cose de la nostra riliggione.
E nun zò affari de scipoll’e bbieta:4
Me ne sò accorto glieri5 si6 è ppeccato
In ner fà battezzà la fìa7 de Teta:
Perchè pprima dell’acqua dà er curato
Sale, ojjo e sputo: e cquanno ha dditto: Feta,8
Opre bbocca lui puro E jje dà ffiato.
6 dicembre 1831 - Der medemo
- ↑ Sentendo.
- ↑ Metterlo.
- ↑ Cioè: “da farlo maturare„.
- ↑ Affari da nulla.
- ↑ Ieri.
- ↑ Se.
- ↑ Figlia.
- ↑ Effeta. Nota bene che féta (che a Roma viene da fetare, far l’uovo) vale: “sii feconda, fa’ figli„.
Note
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