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FILIPPO ARTICO
per grazia di Dio e della s. Sede Apostolica
VESCOVO D’ASTI E PRINCIPE
ECC. ECC. ECC.
Ai Molto RR. SS. Parochi della Città e Diocesi
Quando il Re parla a suoi Popoli, e annunzia loro i pericoli, che minacciano il Regno, e chiede il concorso della Nazione per tutelare il pubblico bene; io mi credo in dovere di far ripetere ai diletti miei Diocesani le parole del Sovrano, che in nome di Dio ci governa; molto più che a ciò fare m’invita anche una riverita Circolare del Ministro Segretario di Stato per gli Affari Ecclesiastici, di Grazia e Giustizia diretta agli Arcivescovi e Vescovi in data 24 corrente, e che ho testé ricevuta. Perciò mi affretto di accompagnarvi con questa mia lettera, o V. F., ristampato il Proclama di S. M. il Re nostro Vittorio Emanuele, perchè lo leggiate al vostro Popolo spiegandolo con opportuni riflessi. — La Religione consacri ed avvalori le parole del Re, affinchè abbiano il pieno loro effetto; mentre io vi faccio poche semplici osservazioni intrecciandovi alcune parole del Re, e del suo Ministro. — E prima di tutto fate ben comprendere al vostro popolo, e specialmente agli Elettori che nel pronunziato scioglimento della Camera dei Deputati, nella pronta riconvocazione dei Collegi Elettorali, pel dì 9 del p. v. dicembre, e nella riapertura del Parlamento decretata dal Re pel dì 20 detto, non che ingenerarsi per ragione di tal atto il più lieve timore od incertezza sul conto delle nostre costituzionali franchigie, e sulla loro salda fermezza, veder vi si debbe invece la maggior sollecitudine pel loro perfetto rassodamento. Perciò appunto si fa un nuovo appello alla Nazione, per conoscere la sincera e genuina espressione della volontà del paese. — Nel suo Proclama il Re nostro con amore di padre fra le altre cose si lagna, perchè nello scorso luglio quando Egli ammoniva la Nazione e più gli Elettori a tener tali modi, che non si rendesse impossibile lo Statuto, un solo terzo o poco più degli Elettori concorreva alle elezioni, e che il rimanente trascurava quel diritto, che è insieme stretto dovere di ognuno in un libero Stato. Non accadrà, spero, così nelle prossime nuove elezioni. Anche i disastri del passato e le conseguenze del presente saranno una lezione efficace per meritare un miglior avvenire.
Io vi prego pertanto, o V. F., di eccitare col maggiore zelo possibile gli Elettori dimoranti nel distretto delle vostre parrocchie, perchè sieno tutti solleciti di recare il proprio voto nell’urna dei Collegi, a cui sono ascritti. Il Ministro si rivolge a me perchè v’inculchi di far loro sentire dal pergamo, ed in quell’altro modo che stimerete più acconcio, l’obbligo strettissimo, da cui sono conscienziosamente legati d’intervenire alle adunanze dei Collegi elettorali, e di prender parte alle elezioni dal solo caso in fuori d’insuperabile impedimento a pena di rendersi coloro, la cui assenza non sia da più che imperiosa causa scusata, moralmente risponsabili delle tristi conseguenze, che a danno del civile consorzio e delle pubbliche libertà siano per derivarne. Avvertite dunque gli Elettori che mancano essi ad un sacro dovere di Cattolici e di Cittadini, e peccano quindi gravemente in faccia a Dio ed agli uomini, se, potendo, non si curano di dare il loro voto, o non s’informano bene per darlo a chi sia degno di rappresentare la Nazione, e di promoverne i veri vantaggi. Nè si creda, che un voto più un voto meno poco importi; poiché siccome dal voto di un solo Elettore può talvolta dipendere nei Collegi la scelta di un Deputato buono o cattivo; e dal voto di un solo Deputato può dipendere poi alle volte nel Parlamento una maggioranza di voti felici o fatali per la Società e la Chiesa, pegli individui e per la Nazione; così gli Elettori, che neghino il loro voto o lo dieno male, tradiscono gli interessi proprj e quelli dello Stato. E non si è se non nel concorso degli Elettori a prender seria parte in quest’atto rilevantissimo della vita politica, e nell’impegno che essi pongano a seguire in esso i dettami della propria coscienza, guardandosi diligentemente da ogni estranea suggestione, che è riposta la salvezza dello Stato.
Ma chi è mai, che colpito da un morbo o da una lite sia così indolente, che non ricorra all’arte medica o legale, o così incauto, che non ne cerchi il più perito per assicurare la sua salute ed i suoi interessi? Chi è quegli, che affiderebbe il mandato e l’arbitrio di decidere della propria sorte ad una persona ignota, o che non meritasse per onestà e per senno piena stima e fiducia? E poi vi sarà fra gli Elettori, chi vedendo la patria in pericolo non cerchi d’inviare al Parlamento chi la difenda, o arrischi la sorte di un’intera Nazione coll’investire gli immeritevoli del mandato di rappresentarla? Se il paese, e gli Elettori mi negano il loro concorso, dice il Re, non su me ricadrà oramai la responsabilità del futuro; e nei disordini, che potranno avvenirne, non avranno a dolersi di me, ma avranno a dolersi di loro. Si vincano dunque tutti gli ostacoli, si consulti rettamente da ciascuno la propria coscienza, s’interroghi, occorrendo, il prudente parere dei savj, e veri amatori del pubblico bene, si resista alle seduzioni ed ai raggiri dei tristi, e si chiamino all’onore della nazionale rappresentanza tali uomini, che sapendo acconciamente accoppiare il principio dell’autorità con quello della libertà a vece di creare a questa impacci od ostacoli mirino a raffermarla mercè quelle idee d’ordine, e di civil moderanza, da cui non può essere scompagnata senza esporla a grave cimento, come si esprime il Ministro.
Sopra tutto, o V. F., rammentate agli Elettori, che lo Statuto porta in fronte questo articolo: La Religione Cattolica Apostolica Romana è la sola Religione dello Stato; dunque atterra la base stessa, sopra cui lo Statuto si appoggia, chiunque non rispetta la Religione Cattolica che è guarentita dallo Statuto medesimo nelle sue leggi e ne’ suoi dritti, altrimenti senza di ciò sarebbe essa un nome vano, una legge senza vigore, una menzognera protesta. Chiunque pertanto viola la prima e più essenziale prerogativa, di cui Carlo Alberto fregiò lo Statuto, non è degno di rappresentare la Nazione, ed oltraggia eziandio la venerata e cara memoria del magnanimo e pio Re, che pose appunto la Religione Cattolica per cardine, norma, e tutela delle libere istituzioni, che Esso ha largito ai suoi popoli, affinchè non avessero poi ad abusarne con rovina propria e di tutto lo Stato.
Sia dunque la Religione la guida e maestra degli Elettori, perchè solo per essa, dice la divina sapienza, regnano i Re, imperano i Principi, e i legislatori decretano il giusto. Nella gravità delle circostanze presenti svelataci dal Proclama del Re nostro, il quale fa ricorso alla fede, al senno, all’amore de’ suoi popoli, e confida che unito con essi potrà salvare lo Statuto ed il paese dai pericoli che lo minacciano, con tutta la fiducia io ripeto a voi, V. F., perchè con quello zelo pastorale, che tanto vi distingue, vogliate concorrere efficacemente alla salvezza, ed al bene della Nazione. — Certa cosa è, conchiude il Ministro nella sua Circolare, che se i signori Parochi verranno a capo, siccome io non dubito, di far capaci gli Elettori del non potersi slegare dal partecipare alle elezioni, e se i Parochi medesimi, tenendosi alieni essi da ogni influenza, che scemi anche per poco la piena libertà dei suffragi, avranno col loro buon esempio fatto argine allo irrompere delle mene, e male arti consuete ad usarsi per addietro a detrimento di cotesta libertà, avranno ben meritato ad un tempo della Religione e dello Stato.
Mi consola assai l’onore ben meritato, che vi si fa, o V. F., con sì felice concetto ed augurio; e son sicuro, che tutti lo adempirete, e precederete voi stessi gli Elettori, perchè da voi animati gareggino tutti nella grande opera, a cui li chiama il degno Erede del trono e delle virtù del magnanimo Carlo Alberto.
Siccome poi il dì 9 p. v. dicembre fissato per le elezioni dei Deputati è giorno festivo, così vi richiamo, o V. F., all’osservanza di quanto ho già prescritto in proposito nella mia Circolare del dì 3 luglio p. p. senza ripetervi il già detto, e confermo le disposizioni che in essa contengonsi, affine di conciliare per Voi e pei vostri parrocchiani l’adempimento dei doveri sacri e civili, e invocare le benedizioni del Cielo colle preci ivi prescritte, che coll’aggiunta delle Litanie Lauretane avranno luogo nel dì 8 sacro alla Immacolata Concezione di Maria Santissima, nel qual dì, o V. F., leggerete al vostro popolo il Proclama del Re, e questa mia lettera, se non vi giunge in tempo opportuno per leggerla nella prima Domenica di Avvento.
Raccomandate con fervide preghiere al patrocinio di Maria Santissima il Santo Padre, S. M. il Re, la R. Famiglia, i Ministri, il futuro Parlamento, lo Stato tutto, e non vi scordate di me, che mi raccomando alle vostre orazioni nell’atto, che con tutto l’affetto compartisco a voi, ed a’ vostri parrocchiani la pastorale mia benedizione.
Dal Castello Vescovile di Camerano il dì 25 novembre 1849.
- Proclama di Moncalieri (Moncalieri, 20 novembre 1849)