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Quinto Orazio Flacco - Satire (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Luca Antonio Pagnini (1814)
Libro I

Satira II
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Sgualdrine a truppe, profumier, pitocchi,
Stufajoli, buffon, questa genia
Tutta in pena ed affanno è per la morte
Del musico Tigellio, e ciò perch’esso
5Donava a larga mano. . . Altri per tema
D’esser chiamato sprecator, neppure
A un meschinello amico un pane, un cencio
Darebbe per cacciar la fame e il freddo.
Se chiedi a un altro, ond’è, che i ricchi fondi
10Dilapidando va per far contenta
L’ingrata gola, e denar prende a usura
Per comperar tutti i boccon più ghiotti,
Ei ti risponde che non vuol la taccia
D’uomo spilorcio, e di cuor gretto e vile.
15Ei ne ottien da chi biasmo e da chi lode.
Fusidio ricco di poderi e censi
Paventa di milenso e sciupatore

La brutta infamia, e però vuol di frutto
Cinque per cento il mese anticipato,
20E più s’accana addosso a’ più spiantati.
I nomi cerca di color che sotto
Austero genitor la viril toga
Vestita hanno di fresco. Ahi sommo Giove!
Chi non esclama all’udir ciò? Ma spese
25Almen costui farà pari al guadagno.
Anzi potresti a pena immaginarti
Quanto nemico di se stesso ei sia;
Tal che strazio minor di sè facea
Quel tapin vecchio da Terenzio esposto,
30Poichè scacciato ebbe di casa il figlio.
Se alcun cercasse, che vuoi dir con questo?
Vo’ dire, che fuggendo i pazzi un vizio
A dar di petto van nel vizio opposto.
Maltin porta il sottano penzolone
35Fino a’ talloni, ed altri move il riso
Col rivoltarlo in su fino alla pancia.
Rufillo è tutto odor, Gorgonio ammorba.
In somma nessun tien la via di mezzo. ec. ec.



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