Questo testo è completo, ma ancora da rileggere.
Chi su per gioghi alpestri Febo immortal, che splendi
Questo testo fa parte della raccolta Canzoni eroiche di Gabriello Chiabrera


V

di savoja

conquistatore di saluzzo.


Forte, come un nembo ardente,
     Messaggier del crudo Arturo,
     Vibri, Carlo, invitta spada;
     E tra’ monti di ria gente
     Fatto intrepido, e sicuro
     Verso il Ciel t’apri la strada.
O Real Giovane altero,
     Nel cui petto il Ciel rinchiuse
     Lo splendor di tutti i Regi!
     Io non men per quel sentiero
     Sferzò il carro delle Muse
     Tutto carco de’ tuoi pregi.
Odo dir quaggiuso in terra:
     Vil fra gli uomini è l’erede,
     Che del padre inghiotte gli ori;
     Se vestendo usbergo in guerra
     Ei con opra non succede
     Al retaggio degli onori.
Bella Clio, del vero amica,
     Tu dal Ciel rispondi, o Dea:
     Il mio Re, dirassi, è tale?
     Non per certo, che a fatica
     Sulla terra il pie movea,
     Che alla gloria ci spiegò l’ale.
A gran notte in sulle piume,
     D’Ottoman le turbe oppresso
     Il tenean del sonno in bando;
     Nè mai l’Alba addusse il lume,
     Che la mente ei non volgesse
     Verso il gran trofeo Vormando.
Or la fiamma orrida impura,
     Di che Franca arsa ruina
     In van torbida risuona,
     Or l’Italia ci fa sicura,
     Poscia umil Saluzzo inchina
     Di Torin l’alta Corona.
Freme invidia, e morde il freno,
     Irta i crin, viperea i guardi,
     Arma l’arco, e la faretra;
     Ma s’agghiaccia, e sì vien meno
     Ascoltando il suon de’ dardi
     Sulle corde della cetra.
Frale usbergo al buon Vulcano.
     Per amar l’orribil figlio
     Chiedea Tetide marina;
     Se ’l gran Cieco di sua mano,
     Per lui trar d’ogni periglio.
     Non apriva altra fucina.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.