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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847
UN CONTO ARTO-ARTO1
È de fede c’appena una cratura2
Scappa for da la picchia,3 er Padr’eterno
La mette a nnavigà ssott’ar governo
D’un Angelo e dd’un diavolo addrittura.4
Uno de loro st’anima prucura
De dàlla5 ar paradiso, uno a l’inferno,
Sin che sse vedi6 chi gguadaggna er terno7
Ner giorno che vva er corpo in zepportura.
Liticàtase l’anima ar giudizzio,
Oggnuno de li dua serra bbottega,8
Pe’ nun rifà mmai ppiù sto bbell’uffizzio.
Oh mmò ttira li conti, amico mio,
Sopr’ar Gener’umano, e vva’ cche ffrega9
D’angeli e dde demoni ha ffatt’Iddio!
Terni, 29 maggio 1833
- ↑ Alto-alto: approssimativo.
- ↑ Creatura.
- ↑ Nome da aggiungersi a quelli del Sonetto...
- ↑ A dirittura, subito.
- ↑ Di darla.
- ↑ Sin che si veda.
- ↑ Chi vince la prova.
- ↑ Cessa dalle sue funzioni.
- ↑ E guarda che quantità.
Note
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