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Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1929)
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NOTE A «GLI ERACLIDI».
Pag. 12, v. 24. - I due figli di Teseo, cioè Demofonte e Acamante.
Pag. 15, V. 9. - Alla tetrapoli; sono i quattro borghi di Maratona, Enoe, Probalinto e Tricorito.
Pag. 22, v. 28. - Del funesto cingolo. Allude all’impresa di Ercole contro le Amazzoni per conquistare la cintura cui era appesa la spada di Marte; e chiama tale cingolo funesto, perché causa di una sanguinosa battaglia in cui morí la regina delle Amazzoni, Ippolita.
Pag. 27, v. 5. - D’Alcato ecc. Cfr. Prefazione, pag. 6.
Pag. 31, v. 8. - Di Stenelo il figlio, cioè Euristèo.
Pag. 55, v. 6. - Saldo ecc. Lo sdrucciolare, quando si cominciava a camminare, era, presso gli antichi, di malaugurio.
Pag. 61, v. 14. - Dall’umana gola, dalla gola, cioè, di Macaria.
Pag. 68, v. 4. Si trova ove si trova, cioè in cielo, fra i Numi.
Pag. 72. v. 16. - La divina vergine di Pallene è Minerva che a Pallene aveva un tempio a lei dedicato. Cfr. pag. 62, v. 13.
NOTE A «IFIGENIA IN AULIDE»
Pag. 98, v. 2. - Settemplice, perché erano appunto sette le stelle che formavano la costellazione delle Pleiadi.
Pag. 101, v. 3. - Quell’uomo è Paride.
Pag. 105, v. 5. - Dei Ciclopi alle sedi, cioè a Micene.
Pag. 106, v. ultimo. - Sulla chiara acqua sorgiva, cfr. pag. 127 e pag. 174.
Pag. 124, v. 6. - Di Sísifo il rampollo è Ulisse, perché, secondo una leggenda, quando Anticlèa andò sposa a Laerte aveva già concepito Ulisse dall’amante Sisifo. Cfr. pag. 181, v. 3.
Pag. 137, v. 7. - Apidano, fiume della Tessaglia che sbocca nel Peneo, presso Larissa.
Pag. 142, v. 18. - I Dioscuri si libran nell’etere, appunto perché, come è noto, Castore e Polluce formano in cielo la costellazione dei Gemelli.
Pag. 143. v. 25. - Aligera parvenza assunta; è noto che Giove, innamoratosi di Leda, si accostò a lei sotto forma di cigno.
Pag. 191, v. 1. - La città di Perseo è Micene.
Pag. 194, v. 29. - In mezzo all’aureo canestro, ove erano le offerte per il sacrificio.
NOTE A «IFIGENIA IN TAURIDE»
Pag. 218, v. 5. - Voto facesti un dí, per calmare lo sdegno di Artemide, che aveva offesa.
Pag. 218, v. 22. - Il nome ei n’ebbe: Toante da θοός, veloce.
Pag. 219, v. 22. - Strofio marito di Anassibia, sorella di Agamennone, fu poi padre di Pilade.
Pag. 224, v. 2. - Le rupi ecc. Sono le Simplegadi; cfr. p. 238, v. 6.
Pag. 226, v. 25. - L’ariete d’oro; allude alla pecora dal vello d’oro trafugata da Tieste al fratello Atreo, per la quale Tieste ebbe fraudolentemente il regno d’Argo; onde l’ira di Atreo che uccise i figli del fratello e glieli diede a mangiare. Cfr. p. 267, v. 3.
Pag. 238, v. 8. - Le coste Fineidi, cioè le coste della Tracia europea, di cui era re Fineo.
Pag. 262, v. 1. - Le Rupi azzurre sono le Simplegadi.
Pag. 276, v. 4. - Le Dee cui nominar si vieta sono le Furie: era ritenuto di cattivo augurio il nominarle.
Pag. 286, v. 3. - La tua triste canzone. È la nota leggenda di Alcione, figlia di Eolo, la quale si lanciò in mare, vedendo il cadavere del suo sposo Ceice galleggiate sulle acque; e Teti, commossa per tanto amore coniugale, li trasformò negli uccelli chiamati alcioni.
Pag. 287, v. 17. - Il cerato calamo di Pan è la zampogna.